“Mi dispiace. Vuole che ne parliamo?” p. 223

STONER, John Williams, Fazi, 2012

Un libro per/ gli amanti del silenzio, gli amanti del brusio.

Un libro non per/  chi pensa che l’ultima pagina sia la conclusione di un libro.

Stoner, J, Williams, Fazi ed.

Stoner, J, Williams, Fazi ed.

DI WILL STONER E UN PO’ DI PIÙ

E’ giunta l’ora(*).

Argomentazione  di vendita (come nei migliori corsi motivazionali per vendere una cosa, una qualsiasi cosa, dal mocio alla molla in plastica per fare le zucchine a molla) : Questo libro non racconta praticamente nulla, ma lo racconta molto bene. Bene, diminutivo base di casistica di aggettivi perlopiù roboanti se accostato al sostantivo.

Non piove praticamente mai a Columbia, e come è possibile, non è difficile intuirlo, le nubi si addensano in Stoner, portano pioggia? No. Per quanto ci è dato sapere. Come ha fatto John Williams a scrivere tutte quelle pagine di una vita piatta come quella di Stoner non è dato sapere. Forse (fosse per me non apporrei questo forse ma non sono Dio, e nemmeno Williams, e dunque dato che l’avverbio c’è usiamolo!) le montagne scalate, da scalare, inesplorate, sono tutte nella geografia interiore di Stoner.

L’aggettivo “crudele”, ha molto di mondo al suo interno, descrive il bene ed il male allo stesso tempo come medicina e cura nello stesso frangente, perfetto per queste pagine che sono l’essenza della crudeltà del quotidiano, del futuro, di un passato che ostinatamente si spera di poter emendare; anche Stoner sembra saperlo ma non pare farlo, pare la sua un’accettazione passiva, pare, Stoner si muove di continuo restando fermo, accettando conscio dell’ingiustizia, restando fermo quando tutto si muove, muovendosi quando nessuno lo percepisce.

Will, Willy, Stoner, Bill, tutti insieme e tutti divisi, un’unità in bilico sul ciglio del gradino più alto e si spingerà o verrà spinto? Dondolerà o si fermerà a guardare in basso con un sorriso che non si riesce a leggere?

Questo libro, come tutte le cose semplici fino all’aridità, può essere preso come l’acqua o l’aria o la luce, fanno parte di noi, ci sono da sempre, nessuno ce le insegna, le conosciamo e le usiamo senza insegnanti nè manuali, ma questo libro, come l’acqua, come l’aria, come il sole, che ne sarebbe di quanti l’hanno letto se non l’avessero letto? E certo non si possono spiegare acqua, aria, luce, a chi non vede in un sasso la complessità dell’atomo.

In fondo sì, non ci sono parole per dire ciò che non….

Di K.D. non si può dire di più, ogni parola sarebbe un graffio sulla superficie di pagine intoccabili.

 

* dopo averlo ri-riletto e proposto e proposto bis e proposto ter forse è giunta l’ora, grazie a libreria Modusvivendi (Pa) che me ne ha dato l’occasione.

http://www.fazieditore.it/Libro.aspx?id=1201

“… non dico che ci sia del morire, ma certamente c’è del non vivere” p. 135

LA VITA UMANA SUL PIANETA TERRA, Giuseppe Genna, Mondadori, 2014.

Un libro per/ chi sa che sapere è duro, rabbioso, difficile.

Un libro non per/ chi non vuole cercare, raschiare, giocare a nascondino.

Se scrivi Genna il correttore automatico ti suggerisce subito gennaio, tu vuoi scrivere solo Genna in realtà, con la Ge maiuscola,1560621_10202600087428479_8530062860392437228_n ma hai l’idea che il correttore automatico sia diventato intelligente, in una qualche modalità, perchè corregge una forma nel suo contenuto, come quando alle medie impari la differenza fra significante e significato. Solo che qui non c’è. Giuseppe Genna sta per il mese che gela quando leggi, e gennaio è il mese che ti spiega esattamente il vento gelido di Genna che taglia e fa male nella storia, la storia tutta intendiamoci, non questa tra le pagine, quella con la Smaiuscola in cui si cade tutti. Come La vita umana sul pianeta terra, se lo leggi, ci sei caduto dentro, se volevi, se non volevi non potevi dire no, e chi ha provato a dire no, pensaci, per lo più l’ha fatto cancellando le proprie similitudini prima, poi se stesso, se ci è riuscito. Genna passa da Hitler, qualche anno fa, a Behring Breivik, esempio uno, riuscito, esempio due, non riuscito. Si può dire poco altro di questo libro, o forse solo questo, perchè provare a raccontare è aprire un vaso di Pandora (Uno; sul Pianeta Terra, non altri) della vita coniugata attraverso la morte e frasi ruvide e orfane.

C’è molto del residuo di qualche anno ottanta di hinterland,di una qualche Milano, di un dove casuale, di semi violenza e semi buio e tutto di un qualche anno duemila figlio bastardo e imbastardito cattivo e incattivito di anni di semi violenza e di semi buio che sbocciano quando si sperava la pianta fosse bella che morta, adieu, addio, a mai più.

Più che altro ci sarebbe da chiedersi come possa Genna riutilizzare con agilità pezzi presi (dichiarati) dalla rete, scritti senza stile alcuno, e ritesserli con un filo che li rende subito narrativa chic (senza offesa per l’autore) che ti forza a saperne di più, che ti respinge e attrae girandoti pagina pagina come un magnete preso per poli sempre diversi.

Più che altro ci si chiede come alla fine non si riesca ad odiare il carnefice e non si provi pena infinita per la vittima, e qui vittima e carnefice sono uno o tanti, loro e noi, tu ed io, non è mai chiaro.

Se si vuole ridere ce ne sono di occasioni moltissime, Bennato in un libro forse mai più così ironicamente, la schiera dei mi pubblica- ti pubblico leggo-scrivo farebbero scompisciare se il verbo non andasse coniugato indicativo.

Non bevete se siete pavidi perchè qui il fondo del pozzo non si vede; questo libro è come una spugna imbevuta di acido, via il caos superficiale avanti in luce una qualche essenza umana malata, e forse in una qualche forma contagiosa, citando in forma lasca l’autore basta una goccia per intossicare tutta l’acqua e purtroppo abbiamo sete.

 

(La foto è home made e grazie a Corso Libri Piazza Repubblica per #libroprendepiede che mette allegria e voglia di condividere/si )

 

http://www.librimondadori.it/libri/la-vita-umana-sul-pianeta-terra-giuseppe-genna